Sede all’estero e attività in Italia? Cosa dice il Fisco e come è meglio comportarsi

articolo a cura di:
Lodovico Poschi
Lodovico Poschi

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Sede all'estero e attività in italia cosa dice il Fisco

Hai un’impresa con sede all’estero ma la tua attività si svolge principalmente in Italia? Il tema della cd “stabile organizzazione” societaria è una situazione molto frequente che, ove non gestita correttamente, può generare una contestazione da parte di Agenzia delle Entrate.

Su questo fronte il Fisco non perdona e, dunque, è necessario agire con la massima oculatezza. 

Attività svolta in Italia? Le tasse sul reddito si pagano al Fisco italiano. 

Nel nostro regime fiscale esiste un principio cardine: anche se la sede sociale di un’impresa si trova all’estero, qualora una parte dell’attività venga svolta in Italia le tasse sul reddito ivi prodotto andranno pagate in Italia. 

Di fatto, il Fisco potrebbe contestare all’imprenditore di sottodimensionare la propria presenza in Italia, occultando la presenza didi una stabile organizzazione con l’obiettivo di non pagare le imposte del nostro Paese. 

Va precisato che, relativamente a quella che viene definita stabile organizzazione di impresa, nel corso degli anni l’Amministrazione finanziaria ha ampliato oltre misura il concetto, utilizzando anche in maniera estensiva la norma.

La cosiddetta stabile organizzazione, che cosa significa ?

La c.d. “stabile organizzazione” è disciplinata dall’art. 162 del D.p.r. n. 917/86 (Tuir) per le imposte dirette, e dall’art. 5 del modello di Convenzione Ocse contro le doppie imposizioni.

Può essere definita come un’entità di fatto che costituisce un centro di imputazione di ricchezza e che, ancorché priva di personalità giuridica, viene comunque assoggettata a tassazione nel luogo in cui produce reddito.

Sono fondamentalmente due i tipi di stabile organizzazione societaria:

  • una materiale, quando opera attraverso una sede fissa di affari, cioè tramite uffici, attrezzature e altri mezzi impiegati per l’attività di impresa in modo permanente
  • una personale, caratterizzata dalla presenza di un agente in grado di vincolare la società straniera.  

Ciò che conta, però, è la capacità di svolgere l’attività sociale del soggetto che la realizza.

Questo è ciò che differenzia per esempio la stabile organizzazione sia dalle unità locali, le quali sono prive di una rappresentanza stabile, sia dagli uffici di rappresentanza, che svolgono funzioni ausiliarie o preparatorie (pubblicità, ricerca, mercato).

Cerchiamo di capire meglio aiutandoci con un caso concreto. 

Il caso di Mark e l’accusa di stabile organizzazione occulta: ecco come lo abbiamo difeso

Mark si è rivolto a noi per risolvere il suo caso.

L’azienda aveva sede all’estero, ma in Italia disponeva di un magazzino nel quale si stoccavano beni prodotti altrove e si curava la spedizione di questi ai clienti. 

In sostanza, la struttura italiana non godeva di autonomia decisionale o operativa, piuttosto svolgeva azioni meramente esecutive per conto di una società estera.

Nonostante questo, l’Amministrazione finanziaria ha contestato la presenza di una stabile organizzazione occulta e l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e Iva.

Motivo che ha indotto il Fisco a perseguire penalmente Mark sulla base del reato previsto e punito dall’art. 5 del D. lgs. 74/2000 (omessa presentazione della dichiarazione fiscale)

Insomma, una situazione estremamente delicata. 

Ebbene, in sede di contenzioso abbiamo evidenziato con estrema chiarezza che si può parlare di stabile organizzazione allorquando si attuano nel territorio nazionale la gestione amministrativa, le decisioni strategiche, imprenditoriali e finanziarie, non rilevando il semplice stoccaggio “materiale” dei vestiti nonché l’esecuzione di ordini impartiti dall’estero. 

La Corte di Cassazione ha dato un indirizzo chiaro: anche la “testa” deve essere in Italia

Ebbene, sin dalla sentenza n. 40327/2014 la Corte di Cassazione ha indicato un indirizzo molto chiaro: per poter parlare di stabile organizzazione societaria occorre che la “testa” e non solo il corpo della società estera sia realmente in Italia. 

Non rileva dunque il semplice luogo di adempimento delle obbligazioni contrattuali e di svolgimento dei servizi.

Occorre invece dimostrare che la gestione amministrativa, finanziaria e industriale, al fine di raggiungere lo scopo sociale, si compia effettivamente in Italia.

Per questo motivo i giudici hanno accolto nel merito il ricorso di Mark, annullando l’avviso di accertamento

Nel suo caso, la mera attività di stoccaggio presso il magazzino e la spedizione dei prodotti ai clienti intermedi di fatto non potevano determinare la sussistenza in Italia di una stabile organizzazione “occulta” di società estera. 

Come vedi, difendersi dal Fisco è sempre possibile. L’importante, come nel caso di Mark, è rivolgersi subito a professionisti specializzati e con esperienza in campo tributario (clicca qui per scoprire di più). 

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